Home AttualitàAnna Delvey. La bugia che incantò New York

Anna Delvey. La bugia che incantò New York

Ascesa, caduta e resurrezione della donna che trasformò l’inganno in una forma d’arte

by Veronica Aceti
Anna Sorokin al processo ph ig

Anna Devey nata Anna Sorokin

C’è un tempo in cui mentire sembra quasi una forma di sopravvivenza.
In cui il confine tra ambizione e truffa si fa così sottile da diventare estetica.
La storia di Anna Sorokin, alias Anna Delvey, è la prova vivente che nel mondo moderno la verità non serve più essere vera — basta che sia ben raccontata.

Anna Sorokin al processo ph ig

Anna Sorokin al processo ph ig

La ragazza che veniva dal gelo

È il 1991. Domodedovo, sobborgo grigio alle porte di Mosca. Anna nasce in una famiglia normale, quasi invisibile: il padre camionista, la madre gestisce un piccolo negozio.
Nulla lascia presagire che quella ragazza silenziosa, con gli occhi troppo grandi e un’ambizione più grande ancora, diventerà una delle truffatrici più famose del nostro tempo.

A sedici anni la famiglia emigra in Germania. Anna studia in un liceo cattolico femminile, ma si sente un corpo estraneo. Vive di immagini, di riviste patinate, di sogni importati da Vogue e Purple. Quando finalmente approda a Parigi per un tirocinio nella redazione di Purple Magazine, si reinventa: nasce Anna Delvey.
Un nome elegante, privo di radici, di nazionalità, di peso. Un nome che apre porte.

New York, capitale delle illusioni

Nel 2013, Anna arriva a New York. È l’inizio del suo mito.
Dice di essere un’ereditiera tedesca, figlia di un diplomatico o di un uomo d’affari con conti bloccati in Svizzera — a seconda di chi ascolta.
La storia cambia, ma suona sempre bene.

Si muove tra hotel di lusso, gallerie d’arte, ristoranti dove un bicchiere d’acqua costa quanto un affitto. Distribuisce mance generose, parla di investimenti, di progetti, di arte contemporanea.
La sua sicurezza è il suo passaporto. E New York, città che adora il successo anche solo sfiorato, la accoglie come una di loro.

La fondazione che non esiste

L’apice della sua recita è la Anna Delvey Foundation: un progetto da 22 milioni di dollari per creare un club esclusivo dedicato all’arte e all’innovazione.
I documenti sono falsi, le banche truffate, gli investitori abbagliati da un linguaggio impeccabile e da un paio di occhiali Céline.
Tutto funziona perché tutti vogliono crederle.

Anna non ha rubato armi in mano , ha usato la leva più potente del nostro tempo: la credibilità percepita.
Nel suo mondo, bastava comportarsi da ricca per essere trattata da tale.

Marrakech, l’inizio della fine

La sua rovina ha il profumo di menta e di sabbia.
Nel 2017, Anna invita un’amica, Rachel Williams, editor di Vanity Fair, in vacanza a Marrakech. Tutto, ovviamente, a sue spese.
Ma quando l’hotel chiede la carta di credito, le sue spiegazioni iniziano a suonare stonate: “problemi con la banca”, “ritardi svizzeri”, “bonifici in arrivo”.Rachel, terrorizzata, paga il conto: 60.000 dollari.Al rientro a New York, il velo si strappa. Gli hotel la cacciano, le banche la inseguono, gli amici scompaiono.
Il castello di carte cade e lo fa in grande stile.

Il processo alla donna che sedusse Manhattan

Il 3 ottobre 2017, Anna Sorokin viene arrestata.
Nel 2019, il tribunale di New York la condanna a 4–12 anni di carcere, una multa da 24.000 dollari e una restituzione di quasi 200.000.
L’accusa parla di truffa aggravata e frode bancaria.

In aula, Anna appare impassibile, curata, teatrale. Ogni giorno cambia outfit come fosse un set fotografico.
Il mondo la osserva, diviso tra disgusto e fascinazione.
La giudice Diane Kiesel la definisce “sbalorditiva nella sua capacità di ingannare chiunque”.

Eppure, dietro l’inganno, rimane qualcosa di più umano: il desiderio disperato di essere vista, riconosciuta, scelta.

Anna Sorokin rinasce: l’arte del reinventarsi

Nel 2021, Anna viene rilasciata per buona condotta.
Poi l’arresto dell’ICE per questioni di visto, e infine la libertà condizionata.
Oggi vive in un appartamento dell’East Village, con un braccialetto elettronico alla caviglia, e un nuovo mestiere: artista concettuale.

La sua mostra, “Allegedly”, espone disegni realizzati in prigione.
Si vende, funziona, affascina.
Netflix la trasforma nella protagonista della serie Inventing Anna, e la falsa ereditiera diventa, paradossalmente, una vera celebrità.

Anna Sorokin ph ig

Anna Sorokin ph ig

Anna Delvey, specchio del nostro tempo

Anna Sorokin non è solo una truffatrice: è un sintomo.
Ha incarnato la fame di apparenza che consuma l’Occidente.
Ha dimostrato che la forma, se curata a dovere, può sostituire la sostanza.

E forse, più che ingannare New York, Anna l’ha semplicemente interpretata.
Ha mostrato il prezzo dell’ossessione per il prestigio, per la patina, per l’idea di “successo” che vale più della realtà. Perché, in fondo, non ha fatto che recitare il copione che tutti recitiamo: fingere, un po’, di essere migliori di quello che siamo. Solo che lei lo ha fatto su un palcoscenico da milioni di dollari.
Oggi Anna Delvey non chiede perdono. Dipinge, vende, scrive. Rivendica la propria identità come un’opera d’arte vivente: “Io sono il mio progetto più riuscito”.

E noi ,che la giudichiamo o la adoriamo, restiamo spettatori di un paradosso: una donna che, mentendo, ci ha detto una verità più grande della sua bugia.

A cura di Veronica Aceti

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