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Il giovane Holden

La solitudine come lingua universale

by Veronica Aceti
Il giovane Holden, J. D. Salinger.

Solitudine, adolescenza, autenticità, paura di crescere

Ci sono libri che non si leggono ma si vivono, si attraversano come una febbre.
“Il giovane Holden” di J.D. Salinger è uno di questi.
Ogni generazione lo riscopre, lo ama o lo rifiuta, ma nessuno riesce a restargli indifferente.
È la confessione di un ragazzo che inciampa nella vita e, nel farlo, racconta la verità più amara e più necessaria: crescere fa male, ma restare fermi uccide.

Holden Caulfield, l’antieroe che non smette di cercare

Holden Caulfield, sedici anni e troppi pensieri, non è un eroe né un ribelle — è un ragazzo in fuga.
Scappa dalla scuola, dai professori, dai compagni, ma soprattutto da se stesso.
Cammina per New York con le tasche piene di soldi e la testa piena di malinconia, cercando un senso che non trova mai.
Parla come pensa, pensa come respira, e in questo flusso di parole caotiche c’è tutta la sua umanità.

Salinger non costruisce un personaggio: mette in pagina un’anima nuda, piena di rabbia e di tenerezza.
Holden non è soltanto un adolescente americano degli anni ’50 — è ogni ragazzo che si è sentito “fuori posto”, ogni adulto che non riesce più a crederci del tutto.

Il giovane Holden, J. D. Salinger.

Il giovane Holden, J. D. Salinger.

Una lingua che taglia, un dolore che consola

Lo stile di Salinger è secco, colloquiale, spigoloso.
Niente fronzoli, niente sentimentalismi: solo la voce di Holden, sincera fino al fastidio.
È una lingua che non descrive, ma morde, che non racconta, ma ti trascina.

Il genio dell’autore sta nel creare una scrittura così semplice da sembrare viva. Ogni paragrafo sembra un pensiero rubato, una confessione lasciata a metà.
Eppure, sotto quella disarmante leggerezza, pulsa un dolore adulto, una nostalgia che non ha età.

Il mito, le controversie, la condanna

Da quando è uscito nel 1951, “Il giovane Holden” ha diviso il mondo: c’è chi lo ha bandito dalle scuole e chi lo ha definito una Bibbia per gli inquieti.
Molti lo hanno frainteso, credendo che esalti la ribellione o il nichilismo.
In realtà, Holden non disprezza il mondo ma lo teme.
E nella sua voce sarcastica e fragile si nasconde la paura più umana di tutte , quella di diventare falsi.

Salinger, che poi si è ritirato a vivere in silenzio, sembra aver lasciato in Holden il suo alter ego più sincero: un ragazzo che non riesce a sopportare il rumore del mondo.

Perché leggerlo oggi

Nel tempo dei filtri e delle apparenze, Holden Caulfield resta scandalosamente attuale.
È l’adolescente che non vuole diventare “uno di loro”, l’adulto che non riesce più a fingere.
Rileggere Salinger oggi significa ricordarsi che la vulnerabilità non è debolezza, che dire la verità costa, ma mentire costa di più.

“Il giovane Holden” non insegna, non consola, non giudica. Ti accompagna come un amico scomodo, ti guarda negli occhi e ti dice:

“Non fare il furbo, so che anche tu ti senti perso.”

E forse è proprio in quel riconoscersi ,in quell’onestà spietata, che il romanzo trova la sua immortalità.
A cura di Veronica Aceti
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