Home AttualitàMai più sola: ecco perché 45% delle donne non chiede aiuto

Mai più sola: ecco perché 45% delle donne non chiede aiuto

Dati inquietanti svelano le profonde lacune nella conoscenza dei Centri antiviolenza e del numero di emergenza nazionale: come migliorare l'accesso al supporto e alla libertà

by Nora Taylor
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L’indagine, realizzata da Ogilvy con il proposito di affermare l’importanza cruciale sia delle strutture di sostegno contro la violenza che del servizio telefonico 1522, ha portato alla luce dati significativi. Tra le donne che hanno partecipato all’intervista, il 45% ignora l’esistenza o la funzione del 1522, mentre il 53% lo considera un contatto da utilizzare solamente in circostanze gravissime. A questo si aggiunge che il 67% confessa di avere una conoscenza estremamente limitata di come operino i Centri Antiviolenza (CAV) e di quali supporti concreti essi possano mettere a disposizione. Questi numeri mettono in evidenza una grande distanza tra la disponibilità dei servizi e la reale consapevolezza tra le potenziali utenti.

L’allarmante mancanza di informazione sui mezzi di aiuto

Nonostante la questione della violenza a danno delle donne stia acquisendo una visibilità sempre maggiore in Italia, rimangono ampie aree poco chiare su dove e in che modo le vittime possano trovare assistenza. Sebbene esistano strutture e canali specificamente dedicati – tra cui il numero verde contro la violenza e lo stalking a livello nazionale, il 1522, e i Centri Antiviolenza (CAV) – la divulgazione su tali strumenti risulta ancora insufficiente. In concomitanza con la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, Ogilvy – una storica organizzazione di consulenza globale – ha reso noti i risultati di uno studio di analisi condotto dalle sue unità Data & Analytics e Strategy. La ricerca ha incluso le testimonianze di donne da ogni regione del Paese, coinvolgendo anche figure di riferimento di diversi Centri Antiviolenza, con l’obiettivo di delineare un quadro aggiornato delle percezioni, delle necessità e degli ostacoli informativi riguardanti i percorsi di presa di coscienza, soccorso e protezione dalla violenza, e di formulare allo stesso tempo considerazioni strategiche per la comunicazione.

Sul fronte dell’informazione, le evidenze appaiono contraddittorie. Da una parte, si osservano dei miglioramenti degni di nota: tra il 2023 e il 2024, le segnalazioni indirizzate al 1522 sono aumentate del 26%, e di pari passo è cresciuta la consapevolezza del servizio (con un incremento del 52%). Questi risultati positivi sono stati conseguiti grazie anche a una maggiore diffusione di campagne comunicative mirate e all’attenzione che i media hanno dedicato ai fatti di cronaca. Dall’altra parte, nondimeno, persistono sostanziali carenze informative: il 65% del campione totale ignora l’esistenza del 1522, e tra la popolazione femminile, quasi la metà (45%) ne è completamente all’oscuro.

Il 1522 è ancora visto solo come numero di estrema urgenza

In quali circostanze è opportuno mettersi in contatto con il numero e per quali ragioni? È essenziale avviare una riflessione approfondita sui dati emersi: anche se il 70% delle persone sa identificare almeno una situazione appropriata per utilizzarlo – come subire aggressione fisica o psicologica, trovarsi in pericolo imminente o essere soggetta a violenza in ambito domestico – l’utilizzo rimane limitato a situazioni di emergenza. Il 53% delle donne, infatti, considera il 1522 un contatto da chiamare unicamente in casi estremi e non come un vero e proprio spazio di accoglienza, prevenzione e consulenza che possa offrire un itinerario di supporto completo.

A riprova di questa percezione limitata, le statistiche confermano che anche la conoscenza dei Centri Antiviolenza risulta frammentaria: il 67% delle donne dichiara di possedere notizie inadeguate sul loro effettivo funzionamento e sui servizi che offrono. E sebbene sei persone su dieci siano al corrente che i CAV garantiscono ascolto e assistenza gratuita, pochi conoscono concretamente le modalità, i tempi e le circostanze in cui è possibile rivolgersi a loro. Soltanto il 39% del campione è consapevole che i Centri si occupano anche di violenza di natura psicologica, economica o digitale; la maggioranza continua a credere che il loro intervento sia necessario solamente per chi subisce violenza fisica.

Questi elementi descrivono una divulgazione superficiale o lacunosa sui servizi erogati dal 1522 e dai Centri Antiviolenza. Nonostante ciò, il sistema di sostegno alle donne per l’uscita da dinamiche violente è molto più di un semplice sportello: si tratta di una rete di professioniste qualificate, sempre pronte ad accogliere ogni singola storia, costruendo percorsi individualizzati volti al recupero della libertà e dell’autonomia personale. Come chiariscono dal CAV Casa Pandora Margherita Ferro di Genova: “Il centro antiviolenza è uno spazio di libertà e di pensiero, uno spazio per prendersi tempo per riflettere”. Una libertà che si fonda sul rispetto totale dei tempi e delle scelte di ogni individuo. “Sarebbe controproducente prendere il controllo delle decisioni di una donna che fino a quel momento è stata controllata” racconta con saggezza un’operatrice dell’associazione Telefono Rosa. “Non è un impegno irreversibile: puoi venire, parlare e poi decidere tu. Nessuno sceglie al posto tuo”. In tale ottica, il Centro Antiviolenza non rappresenta un luogo di imposizioni, ma piuttosto uno spazio di riflessione e rinascita, come ribadito nel colloquio con il Telefono Rosa.

La necessità di riconoscere tutte le forme di violenza

Un elemento cruciale in ogni percorso di liberazione è la consapevolezza di sé. Moltissime donne non si riconoscono come vittime di violenza, soprattutto in assenza di manifestazioni esteriori evidenti. Per questa ragione, “bisognerebbe mettere in luce tutte le forme di violenza e anche la possibilità di parlare con qualcuno anche solo in caso di dubbio”, evidenzia una fonte del CADMI – Casa di Accoglienza delle Donne Maltrattate. Spesso, inoltre, l’aggressione subita viene sminuita, tanto che le donne, al momento di chiedere aiuto, possono arrivare a domandare: “non so se sto chiamando il posto giusto. Non so se quello che vivo è abbastanza grave da essere considerato violenza”.

L’indagine di Ogilvy mira proprio a evidenziare questa disconnessione tra ciò che si conosce del 1522, dei CAV e dei servizi dedicati alle donne in difficoltà, e la loro effettiva utilizzazione. In questo scenario, risulta indispensabile continuare a promuovere una divulgazione corretta sul tema e sui supporti concreti a disposizione, affinché questi non siano attivati unicamente in situazioni di emergenza, ma accompagnino un percorso graduale di consapevolezza, protezione e rinascita dalla violenza, nel rispetto assoluto dei tempi e delle decisioni di ogni singola donna. La loro efficacia, in effetti, non dipende solo dalla visibilità mediatica, ma anche dalla capacità di trasformare una semplice informazione in fiducia, e la fiducia in un accesso reale ai percorsi che portano alla libertà.

È per questo motivo che Ogilvy, da sempre attenta alla lotta contro qualsiasi forma di prevaricazione e discriminazione, sostiene e promuove iniziative volte a sensibilizzare il vasto pubblico su questioni di straordinaria rilevanza e a valorizzare il ruolo fondamentale che la comunicazione svolge nel diffondere la consapevolezza e nel favorire il cambiamento sociale.

A cura di Nora Taylor
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