Oltre il pregiudizio: quando l’intimità è un diritto di tutti. C’è un aspetto della vita che spesso diamo per scontato: la possibilità di sentirsi desiderati, di vivere l’intimità, di esplorare il proprio corpo in relazione con l’altro. Eppure, per molte persone, questo percorso è costellato di barriere invisibili, silenzi imbarazzati e solitudine. In occasione del 3 dicembre, Giornata Mondiale delle Persone con Disabilità, si accende un faro su un tema delicatissimo e spesso ignorato: il rapporto tra sessualità e disabilità.
A sollevare il velo su questa realtà è Escort Advisor, che ha voluto sottolineare come, in un mondo che fatica ancora a garantire una piena inclusione affettiva, siano spesso le sex worker a colmare un vuoto sociale profondo. Non si tratta solo di “servizi”, ma di incontri umani che restituiscono dignità e ascolto.

“Mi cercano per non sentirsi giudicati”
Dietro i numeri ci sono le storie. Come quella di Luana Absoluta, una professionista di Brescia che ha scelto di accogliere questa umanità spesso invisibile. Le sue parole raccontano di un bisogno che va ben oltre il contatto fisico: “Queste persone hanno indubbiamente problemi ad instaurare rapporti intimi, si vergognano e hanno paura del giudizio altrui”.
Per Luana, ogni appuntamento è un momento di cura: memorizza i nomi, le esigenze specifiche, le difficoltà verbali o di movimento, per mettere l’altro a proprio agio. Con una escort, spiega Luana, queste persone “non si sentono giudicate ma ascoltate e guidate”. È un ritratto che scardina molti stereotipi: qui la professionista diventa un ponte verso la riscoperta di sé, in un ambiente protetto e tranquillo.
Una mappa dell’accoglienza in Italia
Ma quanto è diffusa questa sensibilità nel nostro Paese? I dati tracciano una geografia inaspettata. Se pensiamo alle grandi metropoli come Milano e Roma, scopriamo che circa il 22% delle professioniste dichiara esplicitamente di lavorare con clienti disabili.
Le sorprese arrivano dalla provincia. Il primato dell’accoglienza spetta a Campobasso, dove ben il 40% delle escort specifica questa disponibilità, seguita da Pordenone (39%) e Reggio Calabria (36%). La situazione cambia quando si parla di disabilità psichiche o cognitive: qui le percentuali scendono drasticamente, probabilmente per la complessità e la delicatezza del servizio richiesto, che spesso spaventa le lavoratrici prive di tutele specifiche.

Il bisogno di tutele e formazione
Roberto Garlaschi dell’associazione D_People odv sottolinea l’importanza di questa sensibilizzazione per l’affermazione dei diritti fondamentali delle persone fragili. Tuttavia, emerge un problema concreto: la sicurezza.
Molte donne mostrano una sensibilità straordinaria, ma operano in un vuoto normativo. Come evidenzia Escort Advisor, servirebbero percorsi formativi riconosciuti e tutele legali per permettere alle sex worker di lavorare in sicurezza e offrire un supporto ancora più competente. Oggi che la professione ha un codice fiscale riconosciuto, forse è tempo di superare l’ultimo tabù e garantire dignità a chi offre e a chi riceve questo tipo di attenzione, riconoscendo il valore sociale di chi aiuta a superare la solitudine.
A cura di Laura Farnesi
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