Un’altra aggressione a una coppia formata da due persone dello stesso sesso. Nella notte di Capodanno, due ragazzi omosessuali, in giro per le strade della Capitale mano nella mano, sono stati malmenati addirittura da una decina di persone. Un fatto grave e agghiacciante, figlio di una sottocultura e di un odio profondo verso il “diverso” che ha scatenato indignazione ma che , come in molti altri casi simili, dopo la prima fase di incredulità è caduto nel dimenticatoio. Con la psicosessuologa pugliese Sara Sotira, parliamo della vicenda specifica, tentando di analizzare da una parte una società in forte repressione su questi temi, e dall’altra le Istituzioni incapaci di gestire in maniera risolutiva il problema.
I recenti fatti di cronaca ci raccontano nuovamente la violenza a danno di una coppia gay. Ma possibile che manifestare liberamente i propri sentimenti debba per forza dare fastidio a qualcuno? A tal punto da aggredire con ferocia come nel caso dei due omosessuali a Roma?
Purtroppo, la violenza contro una coppia gay è un triste riflesso di una mentalità ancora pregiudiziale che persiste in alcuni settori della società. L’amore tra due persone dello stesso sesso, come qualsiasi altra forma di amore, non dovrebbe suscitare rabbia od odio. È fondamentale lavorare per eliminare queste paure e pregiudizi attraverso l’educazione, il rispetto e la promozione di una cultura di inclusività. Nessuno dovrebbe temere per la propria sicurezza o subire violenza per chi ama. Inoltre, è cruciale che le Istituzioni reagiscano con fermezza a episodi di violenza omofobica, assicurando che i colpevoli siano puniti adeguatamente. L’inclusione non è solo un valore, ma una necessità per una convivenza pacifica e giusta.
I media ovviamente amplificano molto queste notizie. Non c’è il rischio anche di una “repressione” indiretta verso altre coppie che così facendo, per timore di conseguenze, continuano a vivere segretamente la loro condizione?
È possibile che la crescente visibilità di atti di violenza nei media alimenti un clima di paura tra altre coppie, spingendole a vivere la propria condizione in modo nascosto. La costante esposizione di aggressioni può creare un senso di insicurezza, inducendo le persone a evitare di esprimere liberamente il proprio amore per timore di ritorsioni. Una corretta informazione e una corretta sensibilizzazione possono ridurre la paura e incoraggiare una maggiore apertura. Inoltre, è fondamentale che i media utilizzino le loro piattaforme in modo responsabile, evitando di esaltare la violenza e concentrandosi invece sulle storie di resilienza e cambiamento positivo. Dare spazio alle testimonianze di coppie che vivono liberamente il loro amore può ispirare e rafforzare la comunità, dimostrando che la visibilità non deve necessariamente significare vulnerabilità.
Lei che di mestiere è anche psicologa, cosa scatta nella testa di chi aggredisce? Ci può essere anche una forma di “diversità” latente inconsapevole negli aggressori che spinge ad annientare qualsiasi gesto o situazione che la palesi?
Dal punto di vista psicologico, chi aggredisce può essere spinto da una serie di paure profonde, insicurezze e una forte difficoltà nell’accettare ciò che percepisce come “diverso”. Spesso, l’aggressore ha interiorizzato stereotipi e pregiudizi che lo rendono incapace di comprendere o tollerare l’altro, vedendo in questa differenza una minaccia alla propria identità e alla propria visione del mondo. L’aggressione diventa una sorta di “difesa” emotiva, un modo per scaricare le proprie frustrazioni e ansie, proiettando all’esterno le proprie difficoltà interne. Sì, negli aggressori può esserci una “diversità” nascosta, spesso non riconosciuta. Questo conflitto interiore, frutto di paure e insicurezze, porta alcuni a tentare di eliminare o reprimere ciò che rappresenta una differenza che non riescono a comprendere o accettare. La violenza diventa così una reazione alla difficoltà di accogliere questa diversità, percepita come una minaccia alla propria identità e stabilità emotiva.
Giorni fa sui social, qualcuno ha scritto, riferendosi alla vicenda dei due omosessuali picchiati nella notte di Capodanno, che ci si indigna di più per un caso come questo rispetto alla violenza sulle donne. C’è qualcosa che non funziona nella comunicazione? Davvero dopo tutti i casi di femminicidio e pestaggi sulle donne di cui si parla quotidianamente, si può arrivare a dire una simile assurdità?
Sì, in questo caso c’è qualcosa che non funziona nella comunicazione. Ogni caso di aggressione, che sia contro donne, persone omosessuali o di qualsiasi altro tipo, dovrebbe suscitare la stessa indignazione. Tuttavia, confrontare quale violenza “meriti” più indignazione può sminuire l’importanza di ogni singolo caso. Dire una cosa del genere può sembrare inappropriato, considerando l’ampia attenzione che i casi di femminicidio e violenza sulle donne richiedono e meritano. Ogni giorno, queste atrocità continuano a essere un problema serio e urgente. Tuttavia, esprimere indignazione per la violenza contro una coppia omosessuale non dovrebbe minimizzare o confrontarsi con quella contro le donne. Entrambe le forme di violenza sono inaccettabili e richiedono azioni concrete.
C’è chi parla di pene troppo leggere per questi crimini, c’è chi parla di una sottocultura che dilaga rispetto al progresso su tante altre cose. Addirittura alcuni omosessuali dicono che stavano meglio negli anni ’80 e ’90. Cosa non ha funzionato e cosa non funziona?
Ciò che non ha funzionato è che, nonostante i progressi legali, le disuguaglianze e le discriminazioni non sono state eliminate nella pratica. Le leggi possono essere migliorate, ma non bastano a cambiare mentalità radicate o a combattere pregiudizi ancora presenti in ampi settori della società. Oggi la visibilità, purtroppo, non è sempre accompagnata da accettazione e protezione adeguata. La mancanza di un’educazione inclusiva e il persistere di stereotipi alimentano una sottocultura di odio che mina i diritti conquistati. La politica, purtroppo, spesso non risponde in modo efficace a queste sfide, creando un senso di insicurezza e frustrazione che fa sembrare che, in fondo, si stia tornando indietro.
Secondo lei il legislatore come si dovrebbe comportare? Visto che tutto ciò che è stato fatto finora è servito a poco?
Il legislatore dovrebbe adottare misure più concrete, garantendo che le leggi contro la discriminazione siano applicate in modo rigoroso. È necessario investire nell’educazione per promuovere il rispetto e l’inclusività fin dalla scuola. Va migliorata la sensibilizzazione sociale, facendo percepire i diritti individuali come valori imprescindibili. Solo così si potrà combattere la discriminazione e costruire una società più giusta e inclusiva. Inoltre, è fondamentale fornire un adeguato supporto alle vittime di crimini d’odio e discriminazione. Il legislatore dovrebbe garantire servizi di assistenza psicologica, legale e sociale per le persone colpite, affinché possano affrontare il trauma subito e riprendersi. Le reti di supporto dovrebbero includere sportelli di consulenza, e programmi di reintegrazione sociale, per assicurare che chi subisce violenze non venga lasciato solo.
A cura di Nora Taylor
Leggi anche: Virgo Cosmetics rinnova l’accordo con il Grande Fratello
Seguici sui nostri social