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La violenza sulle donne nega il diritto alla salute

Una sconcertante indagine di DiRe e Novartis svela l'impatto drammatico della violenza di genere sulla salute femminile: non si tratta solo di lividi, ma di malattie croniche, abbandono della prevenzione e un futuro sospeso. Un tour in cinque città italiane cerca ora di invertire questa tendenza

by Viola Bianchi
donna triste

La violenza maschile contro le donne non lascia soltanto cicatrici visibili. Scava in profondità, erode i diritti e rende la salute un obiettivo quasi irraggiungibile. Questo è quanto emerge dall’indagine “La salute è di tutte”, voluta dalla rete DiRe (Donne in Rete Contro la Violenza) insieme a Novartis e con il patrocinio della Società italiana di cardiologia. Ben 207 donne, ospiti dei centri antiviolenza in tutta Italia, hanno descritto una situazione che le operatrici purtroppo già conoscono. La violenza non rappresenta solo un’emergenza sociale, ma agisce come un potente fattore scatenante di malattia.

L’autocura messa in fondo alla lista

Quasi la metà delle donne intervistate (il 48,8%) si rivolge a un medico solo quando i sintomi sono ormai in fase avanzata. Una su due ammette di non aver mai partecipato agli screening gratuiti, pur conoscendone l’esistenza. Il 31% evidenzia barriere concrete: difficoltà economiche, distanze logistiche insormontabili, o la necessità di accudire i figli. Dal punto di vista psicologico, una donna su cinque descrive la propria salute mentale come pessima, citando ansia, solitudine e l’incapacità di proiettarsi nel futuro. «Le donne mettono se stesse in fondo alla fila», chiarisce Manuela Stranges, demografa dell’Università della Calabria che ha supervisionato la ricerca. «Il lavoro di cura, la precarietà, i figli e, sopra ogni cosa, la violenza finiscono per assorbire tutto: il tempo, le energie, le risorse e l’autostima».

Prevenzione: un’opportunità mancata

Chiara Gnocchi di Novartis Italia sottolinea un dato preoccupante: allo screening gratuito per il tumore al seno risponde meno della metà delle donne invitate, con differenze abissali tra Nord e Sud. «Le terapie servono a poco se non raggiungono le pazienti. Servono percorsi tempestivi, appropriati ed equi». In altre parole, la migliore medicina disponibile non può curare nessuno se rimane inaccessibile.

La rete DiRe gestisce 117 centri e offre supporto a circa 24mila donne ogni anno. «Da 25 anni vedo che quando una donna entra in un centro, la sua salute migliora», testimonia Cristina Carelli, presidente di DiRe. «Non solo perché si allontana dalla violenza. Ma perché qualcuno le chiede per la prima volta: come stai tu?».

Un tour da Genova a Messina per il diritto alla cura

Per trasformare questi dati in azioni concrete, DiRe e Novartis hanno organizzato un tour che toccherà cinque città: Genova, Viareggio, L’Aquila, Taranto e Messina. Il progetto prevede incontri pubblici ma, soprattutto, visite gratuite presso i centri antiviolenza per la prevenzione del tumore al seno e delle malattie cardiovascolari (tra le principali cause di morte femminile tra i 35 e i 55 anni). Un’iniziativa fondamentale, perché la salute non può essere un privilegio e nessuna donna dovrebbe essere costretta a scegliere tra curarsi e sopravvivere.

A cura della redazione

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