Home AttualitàL’amore ai tempi del raziocinio e del Wi-Fi

L’amore ai tempi del raziocinio e del Wi-Fi

Quando ci rifugiavamo nelle rubriche d’amore come fossero oracoli

by Veronica Aceti
Amore oggi

Amare nell’era del controllo: il prezzo della libertà

Una volta ridevamo davanti a Sex and the City, sgranocchiando popcorn sul divano, convinte che Carrie con le sue scarpe da 500 dollari e i suoi monologhi disperati fosse una caricatura. E invece no. Era la nostra profetessa metropolitana. Non ridevamo di lei, ridevamo con lei, inconsapevoli. Perché da adulte saremmo finite anche noi con una coppa di vino in mano, a domandarci perché lui non richiama, perché sparisce, perché sembra perfetto ma non si innamora.

Lo avevamo capito già allora, ma facevamo finta di no: l’amore è un territorio impervio, come camminare a piedi nudi su una distesa di vetri colorati — bellissimo, sì, ma tagliente.

Il cuore non è una bilancia

Abbiamo iniziato a trattare l’amore come un’equazione, una di quelle complicate, piene di incognite. Ma il cuore non è una bilancia, è un animale selvatico: pulsa, corre, scappa, ritorna. Non si lascia addomesticare con ragionamenti logici o libri di crescita personale. È un biglietto lasciato sul parabrezza durante una pioggia leggera, un messaggio alle tre di notte che dice solo “ci sei?”, un tremito nella voce mentre dici “resta”.

Eppure oggi, ci illudiamo di poter amare senza scomporci. Vogliamo rapporti che non chiedano, che non disturbino, che non tolgano sonno. Ma l’amore vero toglie il sonno, rimescola i sogni, rovina i programmi. È disordinato come un letto disfatto dopo una notte vera.

Quando anche Darwin scriveva liste per decidere se amare

Anche Darwin, padre della selezione naturale, si trovò davanti a quel bivio esistenziale: sposarsi o non sposarsi? Scrisse due liste. Pro: compagnia, figli, calore domestico. Contro: meno viaggi, meno libertà, meno “me”. Anche lui, l’uomo che spiegò il mondo con gli uccelli delle Galápagos, si arrese all’insondabile logica dell’amore.

Siamo fatti così: proviamo a mettere in ordine il disordine. Ma il cuore, come il cielo parigino di novembre, cambia umore all’improvviso. E non ci resta che aprire l’ombrello e continuare a camminare.

L’amore come un abbonamento che si rinnova solo se conviene

Abbiamo trasformato l’amore in un diritto, ma lo trattiamo come un abbonamento: mensile, con clausole. Finché non disturbi la mia indipendenza, finché non invadi la mia libertà. Abbiamo paura di essere interi dentro un “noi”. Eppure, non c’è nulla di più rivoluzionario oggi che scegliere di restare.

Ci spaventano le cose che durano. Un amore che resiste è quasi sospetto, come una lettera scritta a mano in un mondo di vocali WhatsApp. Ma forse proprio per questo ci commuove così tanto.

Patire: parola dimenticata, verità eterna

Ci hanno insegnato a non patire. A non soffrire. A mollare prima di cadere. Ma l’amore è vertigine. È come restare in equilibrio su una fune stesa tra due grattacieli a occhi chiusi, mentre sotto la città continua a correre.

E se cadi? Fa parte del gioco. Non c’è amore senza esposizione. E non c’è passione senza rischio. Soffrire per amore è l’unica sofferenza che ci restituisce qualcosa, anche se all’inizio non lo capiamo. È il dolore che ci scolpisce.

Da Meg Ryan e Tom Hanks a Tinder: cosa abbiamo perso?

c'è posta per te

c’è posta per te PH WP

C’è posta per te è il mio rifugio, il mio punto fermo. In un tempo in cui le parole avevano ancora il potere di costruire mondi, Meg Ryan e Tom Hanks si scrivevano e, senza toccarsi mai, si toccavano l’anima. Non si erano ancora visti, eppure si conoscevano più di quanto oggi ci conosciamo dopo mesi di chat e di like. Loro si cercavano davvero.

Oggi mandiamo vocali mentre attraversiamo la strada, incastriamo appuntamenti come riunioni su Google Calendar. Abbiamo il corpo, ma ci manca l’anima. E forse per questo le storie si consumano prima ancora di iniziare.

Amare è scomodarsi. E meno male.

L’amore vero è uno zaino pesante ma pieno di meraviglie, da portare su e giù per le scale della vita. Non è comodo. Non è semplice. Ti cambia il tragitto per tornare a casa, ti rovina i piani, ti fa diventare altro.

Ma se c’è qualcosa che vale la pena scombinare, è proprio questo. Perché alla fine non vogliamo qualcuno che ci lasci intatti, vogliamo qualcuno che ci tocchi nel profondo, che ci smonti e ci rimonti come un vecchio giradischi, stonando e poi suonando la musica che è solo nostra.

Il finale? Non scriviamolo da soli

Ci raccontiamo che siamo più forti da soli, ma poi passiamo le notti a fissare lo schermo del cellulare, sperando in un messaggio. E magari, dietro quell’icona azzurra, c’è qualcuno che ha scritto la sua anima in un’email, come facevano Joe e Kathleen in C’è posta per te. Forse è il momento di aprirla.

Perché l’amore non è un algoritmo. È un salto nel vuoto. È una finestra che si apre al quinto piano, e tu che guardi il mondo e dici: “E se provassi ancora?”

E quando finalmente lo vedi, quando lo riconosci — magari in mezzo a una piazza, con le mani in tasca e lo sguardo timido — pensi solo una cosa.
Quella cosa che Kathleen Kelly sussurra:

“Volevo tanto che fossi tu.”

Perché a volte, basta un dettaglio. E una matita affilata è più romantica di mille rose.

A cura di Veronica Aceti
Leggi anche: Virgo Cosmetics rinnova l’accordo con il Grande Fratello
Seguici su Instagram e Facebook

Potrebbe anche piacerti

error: Il contenuto è protetto!!