Home AttualitàManipolazione affettiva: quali sono i segnali da notare?

Manipolazione affettiva: quali sono i segnali da notare?

Scopri come la comunicazione tossica si insinua silenziosamente nella tua vita quotidiana e impara l'arte di proteggere la tua dignità e il tuo benessere interiore

by Viola Bianchi
letizia bonelli ph press

Ci sono parole che non si ascoltano con le orecchie, ma con la pelle, entrano in silenzio, come una brezza che sembra innocua, e invece lascia freddo dentro. Non servono toni alti né frasi taglienti, basta un accento, un mezzo sorriso, un silenzio costruito ad arte. Così nasce la comunicazione tossica: un virus animae che si diffonde lentamente, insinuandosi nei rapporti, negli affetti, nei legami quotidiani.

Un rumore di fondo

Viviamo circondati dal rumore, in una società che parla sempre e dice poco. Le frasi rimbalzano, si consumano, si svuotano. E in questo continuo chiacchiericcio, le parole mal usate diventano strumenti sottili di controllo, piccoli aghi che toccano proprio dove siamo più sensibili. La tossicità non si presenta mai come violenza esplicita; si manifesta come sfumatura, come ambiguità, come quella sensazione vaga che qualcosa non torna, ma non sai dire cosa, è un vento tiepido che disorienta, una foschia che annebbia i confini.

La radice del malessere

La sua radice non sta nella cattiveria, ma nell’irrisolto. Chi sparge veleno spesso porta dentro una frattura non curata, un dolore che non sa nominare, eppure, la comprensione non deve trasformarsi in sopportazione. C’è un principio antico che resta valido: dignitas non negotiatur la dignità non è materia di scambio.

La comunicazione tossica teme la chiarezza, perché la chiarezza illumina e la luce, per chi vive nel bisogno di controllo, è minaccia. Per questo le parole manipolatorie cercano la vulnerabilità e non la forza, tentano di orientare l’altrui identità, di creare dipendenza emotiva, di far vacillare la certezza interiore.

Ritrovare la propria voce

L’antidoto è la presenza di sé. Una presenza piena, lucida, che sa riconoscere quando qualcosa non è nostro. È il coraggio di affermare: haec verba non mea sunt , queste parole non mi appartengono. È la consapevolezza che la gentilezza non è debolezza, che la fermezza non è arroganza, che il silenzio scelto è una forma meravigliosa di forza.

Ogni relazione che cresce nella trasparenza diventa un luogo di riparo, ogni scambio costruito sulla sincerità diventa un ponte. Le parole, quando sono vere, portano vita. Quando nascono dalla paura, invece, lasciano ombre.

E allora è necessario tornare all’essenziale: usare la voce come gesto di cura, mai come strumento di dominio. Custodire la propria luce, proteggere il proprio spazio interiore, scegliere dialoghi che nutrono l’anima. Il mondo che verrà sarà figlio della qualità del nostro linguaggio. Le parole sono semi, alcune fioriscono, altre feriscono. Verba volant, sed vulnera manent, le parole volano, le ferite restano. Sta a noi decidere se diventare vento che spezza o vento che solleva, sta a noi scegliere la bellezza di ciò che doniamo. Sempre.

di Letizia Bonelli

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