Il trend degli shooting AI sta invadendo i social con immagini perfette ma irrealistiche, alimentando standard estetici irraggiungibili. I dati parlano chiaro: 1 donna su 3 si sente inadeguata dopo aver visto immagini generate dall’AI 1 su 4 rinuncerebbe a un anno di vita per raggiungere il proprio ideale di bellezza Quasi 2 italiane su 3 credono che oggi le donne debbano essere più attraenti rispetto alla generazione delle loro madri
Sta spopolando in questi giorni sui canali social il trend degli shooting realizzati con l’intelligenza artificiale che permette di trasformare le proprie immagini in scatti tanto perfetti e da copertina, quanto irrealistici e legati ad un’ideale di bellezza stereotipato.
Un fenomeno in rapidissima diffusione che sta conquistando giovanissimi e, soprattutto, le giovanissime, sempre più attratte dal desiderio di assomigliare alla loro versione “artificiale” e perfetta, con un conseguente rischio di impatto negativo sulla propria autostima.
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Foto di Aritha da Pixabay
La campagna “The Code”
A lanciare l’allarme è il brand Dove, che nei mesi scorsi ha presentato la campagna “The Code” per illustrare l’impatto negativo dell’Intelligenza Artificiale sull’autostima.
Lo confermano anche i dati. Mentre gli esperti stimano che l’Intelligenza Artificiale genererà il 90% dei contenuti online entro il 2025, da recenti ricerche commissionate dal brand emerge che 1 donna su 3 sente il bisogno di cambiare il proprio aspetto fisico dopo essere stata esposta a immagini generate con l’AI che ritraggono modelli estetici irraggiungibili e 1 donna su 4 sarebbe disposta a rinunciare a un anno della propria vita per raggiungere il suo ideale di bellezza.
Quasi 2 italiane su 3 ritengono che le donne di oggi debbano essere più fisicamente attraenti rispetto alla generazione delle loro madri e la “check list” è sempre più ambiziosa e impossibile da soddisfare: per il 70% degli intervistati le donne e le ragazze devono apparire in salute, per il 66% devono essere snelle, e per 1 donna su 2 devono avere una vita stretta, pur essendo formose*.
Un’immagine stereotipata di noi stessi, “perfetta” sotto molti aspetti, e a portata di click
“Viviamo in un mondo sempre più digitale e aperto all’intelligenza artificiale, dove dilaga un concetto di bellezza stereotipata e irraggiungibile. Attraverso strumenti come l’IA è diventato semplice creare un’immagine stereotipata di noi stessi, “perfetta” sotto molti aspetti, e a portata di click. E se questo aspetto influisce nella vita di tutti noi, ha un impatto ancor più grande tra i giovanissimi, che stanno ancora costruendo la consapevolezza di sé e la propria autostima. Il dilagare di questi trend, che propongono modelli irrealistici, non fa che alimentare un’insicurezza latente sul proprio aspetto. Diventa più che mai importante, quindi, sensibilizzare ed equipaggiare i giovani e l’intera opinione pubblica sull’uso consapevole delle nuove tecnologie per promuovere la diversità e l’unicità di ogni individuo, affinché la bellezza, quella autentica, sia fonte di felicità e non di disagio” spiega Ugo De Giovanni, General Manager Personal Care Unilever Italia.
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Foto di olga volkovitskaia da Pixabay
Il rischio concreto è quello di omologare la diversità
“La rapida diffusione di un trend come “shooting AI” testimonia la crescente “democratizzazione” dell’Intelligenza Artificiale, ormai alla portata anche di utenti senza competenze tecniche avanzate. Questo favorisce l’esplosione di nuove forme di espressione creativa, ma, al contempo, può influenzare profondamente i nostri canoni estetici, alimentando trend ad alto impatto culturale. Il rischio concreto è quello di omologare la diversità: soprattutto tra i più giovani, l’esposizione a standard estetici artificiali può minare l’autostima e generare insicurezza. Per questo motivo, diventa indispensabile promuovere una maggiore consapevolezza dei limiti e dei bias dell’AI, imparando a “addestrare” la tecnologia in modo responsabile attraverso i prompt, così da indirizzarne gli output verso modelli più inclusivi”, commenta Giuseppe Mayer, Professore di Artificial Intelligence & Corporate Communication presso l’Università IULM.
A cura di Laura Farnesi
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