Un Uomo

Oriana Fallaci ,Un uomo, una donna, un amore che non ha pietà

by Veronica Aceti
Un Uomo

Il coraggio di raccontare senza paura, fino all’ultimo respiro

Quando sono in difficoltà, quando penso a quanta fatica ci voglia per sopravvivere ai buchi emotivi, alle paure, ai nostri stessi pensieri… penso a lei.
All’Oriana. Alla signora Fallaci.
Al coraggio di proteggere la sua verità anche a costo di rimanere quasi cieca e morire divorata da un cancro, ma con ancora tra le dita una sigaretta e davanti un foglio bianco.
Lei che in tuta mimetica raccoglieva le testimonianze dei soldati durante una guerra che ha portato via milioni di vite in Vietnam. Lei che non aveva studiato giornalismo, ma lo faceva.
Lei che, in quel libro feroce che è Un uomo, racconta il suo grandissimo amore per Alekos Panagulis, sviscerando quanto possa essere sordo il dolore del cuore quando si spezza.

Un uomo: il DNA di Oriana inciso sulla carta

Un uomo non è un romanzo d’amore.
Non è nemmeno una biografia.
È un campo minato.
È Fallaci che scende nell’inferno personale e politico di Panagulis, per raccontarlo senza abbellimenti: l’eroe, il ribelle, l’uomo fallibile.
E mentre racconta lui, racconta anche se stessa.
Chi legge Un uomo non tiene tra le mani solo una storia, tiene il DNA vivo e pulsante di Oriana Fallaci.

“E forse il tuo carattere non mi piaceva, né il tuo modo di comportarti, però ti amavo di un amore più forte del desiderio, più cieco della gelosia: a tal punto implacabile, a tal punto inguaribile, che ormai non potevo più concepire la mia vita senza di te. Ne facevi parte quanto il mio respiro, le mie mani, il mio cervello, e rinunciare a te era rinunciare a me stessa, ai miei sogni che erano i tuoi sogni, alle tue illusioni che erano le mie illusioni, alle tue speranze che erano le mie speranze, alla vita! E l’amore esisteva, non era un imbroglio, era piuttosto una malattia, e di tale malattia potevo elencare tutti i segni, i fenomeni.”

Oriana e Alekos

Oriana e Alekos non si sono amati. Si sono consumati.

Lui era rovinato, fuori e dentro.
Lei non cercava qualcuno da guarire. Cercava la verità.

Si sono trovati. Non per salvarsi.
Per riconoscersi nella stessa rovina.

Non c’erano carezze, promesse, pace.
Solo botte e carezze confuse. Rabbia, bisogno, vuoto.

Lui non sapeva restare.
Lei non sapeva arrendersi.

Dolore, perdita e la scelta di non piegarsi mai

Quando Alekos è morto — forse ucciso, forse solo finito —, Oriana non ha pianto come fanno gli altri.
Ha pianto con il foglio.
Ogni parola scritta è una lacrima che non è uscita dagli occhi, ma che è caduta dritta sulla carta, scavando come l’acido.

Un uomo è una dichiarazione di guerra contro il silenzio, contro l’oblio.
Non una carezza, non un saluto.
È una mano che graffia la vita fino all’osso.

Dopo Alekos, Oriana non è più tornata indietro.
Ha vissuto senza illusioni.
Con la sigaretta accesa e il mondo in rovina.

La solitudine come atto di resistenza

S’agapò tora che tha s’agapò pantote”. “Cosa significa?” “Significa: ti amo ora e ti amerò sempre. Ripetilo.”
Lo ripeto sottovoce: “e se non fosse così?” “Sarà così.”
Tento un’ultima vana difesa: “Niente dura per sempre. Quando tu sarai vecchio e…”
“Io non sarò mai vecchio.”
“Sì che lo sarai. Un celebre vecchio coi baffi bianchi.”
“Io non avrò mai i baffi bianchi. Nemmeno grigi.” “Li tingerai?”
“No, morirò molto prima. E allora sì che dovrai amarmi per sempre.”

Alla fine, Oriana rimane sola.
Ma non è una sconfitta.
È una scelta.

Non c’è più Alekos, non c’è più nessuno da proteggere o da inseguire.
Resta lei, il suo corpo che si piega sotto i colpi del tempo, e quella voglia ostinata di non tradire mai se stessa.

Il mondo intorno diventa più piccolo, più sordo, più vile.
A lei non importa.

Scrive, fuma, lotta. Non chiede conforto. Non cerca redenzione.

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Non diventa mai “una di loro”.
Non si adatta, non si addolcisce.
Diventa pietra.
Diventa fenditura.
Diventa memoria.

E anche quando il corpo comincia a cedere, anche quando la malattia le morde le ossa e la vista si spegne, Oriana non abbassa la testa.
Tiene ancora in mano una sigaretta accesa e davanti a sé un foglio bianco.

Perché c’è un modo solo di restare vivi, anche quando si muore:
non cedere di un millimetro.

Ti amavo, perdio. Ti amavo al punto di non poter sopportare l’idea di ferirti pur essendo ferita, di tradirti pur essendo tradita e amandoti amavo i tuoi difetti, le tue colpe, i tuoi errori, le tue bugie, le tue bruttezze, le tue miserie, le tue volgarità, le tue contraddizioni, il tuo corpo con le sue spalle troppo tonde, le sue braccia troppo corte, le sue mani troppo tozze, le sue unghie strappate. E certo l’amore non ha per oggetto un corpo, però anche se eravamo separati da un oceano quel corpo io lo portavo a letto con me.” 

Il desiderio di conoscere Oriana Fallaci

Mi sarebbe piaciuto immensamente conoscere questa donna fiorentina, che ha  avuto tanto di eroico quanto di estremamente umano.
Una donna che ha vissuto senza mai piegarsi, che ha avuto il coraggio di farsi amare e odiare con la stessa intensità, e che ha scritto non per diventare leggenda ma per lasciare una traccia indelebile nel cuore di chi la legge.
Non c’è una sola parte di lei che non sia stata vibrante, vera, senza maschere.
Lei, Oriana Fallaci. Una donna che scrive di un Uomo.

A cura di Veronica Aceti

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