Meryl non recita, respira al posto mio.
Ho bisogno di Meryl Streep come si ha bisogno di un momento solo per sé.Uno spazio piccolo, prezioso, in cui il mondo tace e puoi finalmente sentire. Ho bisogno della sua voce che arriva netta, senza effetti, senza il bisogno di sedurre.
Ho bisogno dei suoi occhi che non si sforzano di emozionare, perché le emozioni le tengono dentro, pulsanti, pronte a uscire quando meno te lo aspetti.
La mano sulla maniglia, la scelta che fa soffrire, ma che capisco

Meryl Streep, i ponti di Madison County PH WP
L’ho amata con rabbia in I ponti di Madison County.
Mi fa impazzire quella scena, quando lui la aspetta sotto la pioggia e lei tiene la mano sulla maniglia.
Vorrei gridarle: “Apri! Scendi! Vai a prenderti l’amore!”
E invece no. Lei resta.
Resta lì, bloccata tra la vita che conosce e quella che vorrebbe.
E la sua scelta mi fa arrabbiare, perché so che quell’uomo la amerà per sempre, e lei lo terrà dentro come un segreto troppo vivo per essere dimenticato.
Ma la capisco.
Capisco la paura di ferire chi ci ama. Capisco la scelta di rimanere madre, moglie, per non distruggere quello che si è costruito.
E in quel momento, Meryl ha smesso di essere personaggio.
È diventata tutte le donne che hanno rinunciato a essere donne per senso di colpa.
E io l’ho amata anche per questo.
Miranda non chiede scusa, e nemmeno Meryl
L’ho amata e basta ne Il diavolo veste Prada, dietro quella donna dura, inavvicinabile, c’era una solitudine che non chiedeva pietà.
Meryl ha reso Miranda vera, non simpatica.
Non ha cercato scuse. Non ha chiesto indulgenza.
Ci ha mostrato il prezzo che paghi quando scegli di essere forte.
Essere madre, essere fragile, essere umana
E poi Kramer contro Kramer.
Interprete straordinaria accanto a Dustin Hoffman. Una madre che se ne va perché non ce la fa più.
Non una cattiva madre, ma una donna stanca, fragile, vera.
Da quel film ho imparato a fare il toast alla francese ma anche che, l’amore, a volte, ha il passo incerto di chi sceglie di perdersi per ritrovarsi.
Riesce a dare alla cinepresa lo sguardo distrutto di chi ha dovuto lasciare il suo bene più prezioso per potersi di nuovo prendere la responsabilità di sé, del proprio ruolo, del proprio posto.
Meryl è il cinema
Parliamo di Meryl Streep per quello che è:
una che ha saputo stare in piedi, anche quando il mondo avrebbe voluto vederla seduta, compiacente, meno intensa.
Una che ha vinto non nonostante la sua faccia “non da copertina”,
ma grazie al suo talento che non chiedeva permesso.
Le dissero che non era abbastanza bella per il cinema, lei li lasciò parlare. E intanto si iscrisse a Yale.
Non ha mai cercato scorciatoie. Ha scelto la strada lunga, faticosa, piena di sostanza.
Ha interpretato donne difficili, contraddittorie, libere, sbagliate. Non ha sbagliato un colpo… è talmente reale in ogni interpretazione da essere inarrivabile.
Lei resta, tra profondità e grazia
Ho bisogno di Meryl.
Perché con lei, ogni film è una scommessa vinta.
Perché sa farti sanguinare in una scena e ridere di gusto in quella dopo.
Perché è capace di strapparti il cuore e poi cucirtelo con una battuta.
E perché in un tempo in cui tutto è urlato e immediato, lei resta la misura perfetta tra profondità e grazia.
“Mi comportavo come un‘altra donna, eppure ero più me stessa di quanto non fossi mai stata.”
Grazie Meryl Streep, grazie.
A cura di Veronica Aceti Leggi anche: ti va di avere paura insieme