Dal salotto di Chiambretti alla tela bianca, senza mai abbandonare la propria voce interiore.
Ci sono volti che passano. E volti che restano.
Melanie Francesca appartiene alla seconda categoria. Non perché lo cerchi. Non perché lo imponga. Ma perché è fatta così: indelebile.
Ha una bellezza che non è solo estetica, anche se è vero: il suo viso potrebbe stare in una scultura greca — ma c’è qualcos’altro, qualcosa che va oltre la simmetria dei tratti, che scava più a fondo.
È lo sguardo.
Uno sguardo che ascolta, che non corre mai, che si prende il tempo di capire e poi, solo poi, risponde.
Melanie è tornata in televisione con Chiambretti, in quello spazio sospeso dove si parla e si gioca, si affonda e si danza. E Piero — che la conosce da anni e ha l’intuito affilato di chi sa leggere l’anima dei personaggi — l’ha voluta ancora con sé. Non come icona, ma come presenza viva. Come donna che ha qualcosa da dire e sa come dirlo, con garbo, ma anche con un’ironia tagliente e una profondità rara nel circo mediatico contemporaneo.
Eppure, chi la osserva bene intuisce che quello non è il suo posto definitivo.
È una tappa, un passaggio, forse un affetto. Ma Melanie ha già lo sguardo altrove.
La pittura, il primo amore che non ha mai smesso di chiamarla
Prima ancora dei libri, prima ancora della televisione e della radio, prima delle luci e delle interviste, c’era la pittura.
Una stanza con una tela bianca. Le mani che cercano il colore. Il silenzio pieno.
Era giovanissima quando ha capito che il suo modo di parlare al mondo non sarebbe stato solo attraverso la voce, ma attraverso la materia.
Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Ha viaggiato, ha esposto. Milano, Parigi, Mosca. E poi il Medio Oriente, Dubai, Kuwait, dove le sue opere hanno attraversato culture, religioni, spazi in cui l’arte è una forma di preghiera muta.
Melanie non ha mai cercato la pittura.
È la pittura che ha sempre cercato lei.
Oggi ci torna, non per nostalgia, ma per necessità. Dopo diciannove libri, decine di trasmissioni, centinaia di articoli pubblicati, la tela è ancora lì ad aspettarla. Come un luogo segreto, intimo, dove può togliersi ogni maschera.
E lo fa come chi sa che ogni ritorno, se sincero, è un atto di verità.
Il rapporto con Chiambretti: un gioco di intelligenze. Chiambretti la chiama, la tela la reclama

Melanie Francesca e Piero Chiambretti. PH IG
Chiambretti e Melanie si conoscono da tempo. Non si sono mai persi di vista.
Hanno condiviso la televisione quando la televisione aveva ancora qualcosa da dire. Quando l’intelligenza era spettacolo, e lo spettacolo sapeva ancora farsi domanda.
Nel suo nuovo ritorno televisivo, Chiambretti richiama attorno a sé volti scelti, mai banali, figure che possano offrire non solo opinioni, ma visioni.
Melanie è una di queste.
Non le serve fare scena.
Non ne ha bisogno. Le basta esserci. Guardare. Sorridere quando serve. Intervenire con quella voce chiara, netta, ma mai aggressiva.
Tra i due c’è un’intesa sottile, fatta di battute leggere e di silenzi pesanti.
Un gioco di specchi che solo chi ha attraversato la superficie può sostenere.
Eppure, anche in mezzo alle luci, Melanie conserva una distanza invisibile.
Una nostalgia per qualcosa che la tv non può contenere. Un richiamo che non viene dall’ego, ma da un bisogno più profondo: quello di creare.
Una donna che ha vissuto tutte le sue vite, senza rinnegarne nessuna
Melanie Francesca è stata modella, ed era già diversa allora.
Camminava sulle passerelle come se stesse scrivendo qualcosa con i piedi.
Poi è arrivata la scrittura, che non ha mai smesso. Diciannove libri, l’ultimo dei quali, Il Sussurro di un Dio, è una preghiera pagana, una riflessione sul divino nel quotidiano, sul corpo come tempio e sulla donna come portatrice di luce.
Ha firmato articoli per giornali popolari e raffinati, senza mai cambiare voce. Ha fatto radio, tanta, con quella cadenza dolce e precisa che arriva nelle cucine e negli uffici, ovunque si cerchi un pensiero.
E ora, mentre la tv la riabbraccia, lei torna anche al primo amore.
Alla pittura.
A quella forma di espressione che non chiede parole, ma che sa dire tutto.
Melanie dipinge come scrive. E scrive come vive.
A occhi aperti. A cuore nudo.
Una presenza che invita a guardare con più attenzione
In un mondo che premia la velocità, la sintesi, l’algoritmo, Melanie Francesca continua a essere un rallentamento necessario.
Ti costringe a guardare. Non a scorrere.
La sua bellezza non è solo esteriore. È un linguaggio. Una cifra. Una soglia.
Chi la segue in tv trova un riflesso di sé.
Chi la legge, trova domande.
Chi la osserva nei suoi quadri, può anche trovare un varco.
E questo è, forse, il dono più raro oggi:
una donna che non cerca lo stupore, ma l’autenticità.
Che non ha paura di tornare.
Che cammina in avanti, ma con lo sguardo ben radicato dentro di sé.
A cura di Veronica Aceti
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