Cambia la moda, cambiano i filtri, cambiano i riferimenti estetici. Ma il vero cambiamento silenzioso, quotidiano, rivoluzionario, è avvenuto davanti allo specchio: nei piccoli gesti della skincare.
Negli ultimi anni, la skincare ha smesso di essere un rituale di nicchia per diventare un’abitudine diffusa: oggi oltre 1 italiano su 2 acquista regolarmente prodotti dedicati alla cura della pelle, I dati del Rapporto Annuale di Cosmetica Italia, raccontano che, con un valore di 1,6 miliardi di euro, i prodotti skincare rappresentano il 16,4% dei consumi cosmetici in Italia, confermandosi la categoria più rilevante e dinamica del settore. La crescita dei consumi nel 2023 è stata del +9,5%, spinta dalla continua innovazione e dalla capacità di rispondere a bisogni cutanei sempre più specifici.
Un cambiamento che va ben oltre il beauty e che racconta un nuovo modo di abitare il corpo, dare valore al tempo e pretendere trasparenza. Ma com’è iniziata questa evoluzione? E dove ci sta portando?

Foto di Nika Akin da Pixabay
Back to 2015: quando bastava una crema idratante
Nel 2015 la skincare di molte persone era ridotta all’essenziale: un detergente (spesso troppo aggressivo), una crema idratante “per tutti i tipi di pelle” e uno scrub settimanale, di solito base di noccioli di albicocca. I prodotti si sceglievano per profumo, packaging, o perché “funzionavano per l’amica”. Il concetto di barriera cutanea era un mistero riservato a pochi professionisti, così come il pH fisiologico o la differenza tra idratazione e nutrizione. L’obiettivo era avere una pelle mat, opaca, senza imperfezioni visibili. La skincare era vista come una preparazione al make-up più che come forma autonoma di cura.
L’influenza coreana e la cultura del glow
Il vero punto di svolta è arrivato con il successo globale della skincare coreana. Da Seoul al resto del mondo, è arrivato un nuovo linguaggio della pelle: fatto di layering, idratazione profonda, prodotti sensoriali, ma soprattutto consapevolezza. La routine coreana a 10 step ha insegnato il valore della costanza, della delicatezza e della personalizzazione. Ingredienti come la centella asiatica, l’acido ialuronico e la niacinamide sono entrati nelle conversazioni beauty di tutti i giorni. Ma più di tutto, è cambiato l’obiettivo finale: non più una pelle perfetta da coprire, ma una pelle sana da mostrare. I social, in particolare YouTube e Instagram, hanno amplificato il messaggio: la beauty routine è diventata contenuto educativo e forma di espressione personale.
5 Tendenze bizzarre, ma indimenticabili
La rivoluzione skincare ha portato con sé anche una serie di tendenze eccentriche, spesso nate sui social e diventate virali in pochi giorni. È il caso dello slugging, la pratica di cospargersi il viso di vaselina prima di dormire, osannata per la sua capacità di “sigillare” l’idratazione. O delle maschere magnetiche, più scenografiche che realmente efficaci, ma perfette per ottenere visualizzazioni nei reel. Sono poi arrivati i patch per ogni zona del viso — occhi, naso, mento, fronte — trasformando la skincare in un rituale visibile, quasi sezionato. Anche la bava di lumaca, da rimedio naturale tradizionale, è stata riscoperta e celebrata come ingrediente di lusso nei sieri viso. Infine, i peeling acidi fai-da-te hanno conosciuto un boom grazie all’arrivo degli esfolianti chimici come AHA, BHA e PHA anche nella grande distribuzione: l’esfoliazione, un tempo riservata ai professionisti, è così diventata un passaggio chiave delle routine casalinghe. E sebbene non tutte queste mode siano sopravvissute, hanno avuto il merito di aprire una conversazione collettiva sulla skincare come forma di sperimentazione, espressione e conoscenza di sé.

Foto di Beate da Pixabay
Il cosmetico che cura: benvenuti nell’era della cosmeceutica
Ma oggi è nata una nuova categoria figlia di nuove dinamiche di marketing: quella dei cosmeceutici o più correttamente cosmetici funzionali. Prodotti cosmetici ad alta performance che dovrebbero unire efficacia clinica e piacevolezza cosmetica, grazie alla presenza di attivi ad alte concentrazioni e a formulazioni sempre più evolute. Ingredienti come il retinolo, l’acido azelaico, le ceramidi e gli enzimi probiotici sono ormai considerati standard nella skincare di qualità.
“Il consumatore moderno non cerca più solo bellezza, ma soluzioni reali per la salute della pelle. È qui che un cosmetico dermoattivo ad alte performance fa la differenza: unisce rigore scientifico, risultati validati, estetica e continuità terapeutica.” spiega Paolo Piazzetta, chimico e fondatore di Therine Skincare Cosmetics, linea di prodotti cosmetici naturali olistici.
Ma soprattutto, è cambiato il ruolo del brand cosmetico: oggi è percepito come alleato della dermatologia, in un percorso di prevenzione, supporto ai trattamenti e mantenimento dei risultati. La skincare diventa così un proseguimento domestico delle pratiche cliniche e una parte integrante del benessere personale.
Skin-intelligence: il futuro tra AI e personalizzazione
Il prossimo passo? È già iniziato. Si chiama skin-intelligence e unisce dati biometrici, analisi AI e beauty tech. Sono sempre di più le app in grado di scansionare il viso, rilevare problematiche cutanee e consigliare routine su misura. Alcuni brand creano già formule personalizzate basate sul microbioma o sul DNA dell’utente. In questo scenario, la sfida non è aggiungere nuovi prodotti, ma semplificare con intelligenza. Pochi attivi, sinergici, supportati da evidenze scientifiche. Meno effetto wow, più coerenza tra ciò che promettiamo alla nostra pelle e ciò che le offriamo ogni giorno.
E in questo cambiamento si nasconde qualcosa di profondo: un nuovo modo di parlare a noi stessi, di prenderci tempo e di costruire, giorno dopo giorno, un benessere che parte dalla pelle ma arriva molto più lontano.
A cura di Laura Farnesi
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