Home AttualitàDal MondoNina Cassian, la poesia non muore

Nina Cassian, la poesia non muore

Una voce fuori dal coro: la vita e la lotta di una poetessa ribelle

by Veronica Aceti
nina cassian

Nina Cassian, undici anni dopo la sua morte la poesia resta

Una voce fuori dal coro: la vita e la lotta di una poetessa ribelle

Undici anni fa, il 14 aprile 2014, Nina Cassian chiudeva per sempre gli occhi in un ospedale di New York. Era nata nel 1924 a Galați, in Romania, e aveva attraversato il Novecento come una scheggia brillante, contraddittoria, a tratti incandescente. Oggi, a undici anni dalla sua scomparsa, la sua voce poetica risuona ancora con una forza inusitata, a tratti scandalosa, sempre libera. Nina non si è mai fatta ingabbiare: né dal regime, né dall’establishment culturale, né dalle convenzioni di genere. È rimasta per tutta la vita un animale poetico puro, capace di trasformare la parola in un atto di resistenza.

Una donna, mille vite: poesia, politica, esilio

nina cassian

Nina Cassian PH WP

Nina Cassian ha vissuto molte vite. Nata Renée Annie Cassian-Mătăsaru, ha iniziato a scrivere poesie da giovanissima, sedotta prima dalle avanguardie e poi da una scrittura più intimista, sensuale, a tratti ironica. Negli anni ’40, ha aderito al Partito Comunista Rumeno, attratta dal sogno di una società più giusta. Ma quel sogno si è presto incrinato. Negli anni ’50 e ’60, pur essendo una delle voci più ascoltate della letteratura romena, ha subìto censure, intimidazioni, e ha dovuto camminare sul filo del compromesso per sopravvivere.

Nel 1985, dopo che il regime di Ceaușescu ha scoperto alcune sue poesie dissidenti, Nina ha scelto l’esilio. Si trovava a New York per un incarico di insegnamento quando ha appreso che un suo amico, il poeta Gheorghe Ursu, era stato arrestato e poi ucciso. In Romania non poteva più tornare. Ha chiesto asilo politico negli Stati Uniti, dove ha vissuto fno alla morte, continuando a scrivere in rumeno e in inglese, traducendo se stessa, reinventandosi ancora una volta.

L’eros e la parola: una poetica senza pudori

Cassian ha sempre difeso il diritto alla complessità. Le sue poesie parlano d’amore, di carne, di morte, di politica, ma senza mai cadere nella predica o nel dogma. Le parole si fanno lama, carezza, gioco. Le sue liriche mischiano il tono alto e quello quotidiano, l’osceno e il sacro, la filosofia e la rabbia. In un’intervista, dichiarò: “Scrivo poesie come una donna che ama, non come una vestale del tempio.”

Il suo erotismo non chiede il permesso. È lì, crudo e vitale, come un fiore sbocciato in una crepa del muro. Le donne nei suoi versi non sognano il principe azzurro: si innamorano, tradiscono, soffrono, godono, scelgono. E lo fanno senza chiedere scusa.

L’eredità nascosta: una voce ancora da scoprire

Nonostante l’immenso valore della sua opera, Nina Cassian resta oggi una figura poco conosciuta al grande pubblico, soprattutto in Italia. Le sue raccolte non hanno mai goduto di una diffusione sistematica, eppure chi la legge non la dimentica più. Negli ultimi anni, alcuni editori hanno ripreso a tradurla e pubblicarla, riportando alla luce pagine che bruciano ancora di una modernità feroce.

Nel panorama poetico contemporaneo, saturo di minimalismo e malinconie patinate, la voce di Nina Cassian graffia come unghie su uno specchio, e lo fa con la bellezza sporca, vera, della poesia che non si accontenta. Che non consola. Che scuote.

Undici anni dopo, la poesia respira ancora

Nina non c’è più, ma nessuno può dire che sia scomparsa davvero. Vive nelle sue parole, nelle lettere che spediva ai suoi amanti, nelle poesie che attraversano il tempo come messaggi in bottiglia. Vive nei versi che ancora oggi ci interrogano: “Chi ha detto che il fuoco è pericoloso? Il pericolo è non accendersi mai.”

Ecco, Nina si è accesa. Ha bruciato. E ha illuminato pezzi di mondo con la sua fiamma. Undici anni dopo la sua morte, possiamo ancora sentirne il calore. Sta a noi non dimenticarla. Sta a noi, lettori, continuare a leggerla ad alta voce, anche quando fa paura.

“Chi ti ha fatto credere che gli stagni anelano alla luna e che un uccello danza al centro della terra?”

A cura di Veronica Aceti

Leggi anche: C’era una volta la DDR
Seguici su Instagram e Facebook

Potrebbe anche piacerti

error: Il contenuto è protetto!!