Papa Francesco riunisce a San Pietro capi di Stato e popoli lontani
Roma si prepara all’evento che segnerà la fine di un’epoca. Sabato 26 aprile 2025, alle ore 10, la Basilica di San Pietro si trasformerà in cuore pulsante del pianeta. Papa Francesco, il pontefice che ha scelto la povertà come ricchezza, saluterà per l’ultima volta il mondo che ha cercato di cambiare, un passo alla volta, con lo sguardo di chi ha creduto più nei gesti che nei proclami.
Il potere mondiale si inginocchia davanti al Vescovo dei poveri
Una sfilata di leader politici, spirituali e culturali varca le porte del Vaticano. Da Washington atterrano Donald Trump e Melania Trump, mentre l’Europa si fa rappresentare da Emmanuel Macron, Olaf Scholz, Frank-Walter Steinmeier, Ursula von der Leyen, Antonio Costa e Roberta Metsola. Dall’Ucraina, Volodymyr Zelensky cammina con passo risoluto: onora un Papa che ha chiesto il disarmo quando tutti urlavano vendetta.
Arriva anche l’Argentina con Javier Milei, portando con sé l’identità profonda di un Paese che ha visto nascere Jorge Mario Bergoglio. Il Brasile affida a Luiz Inácio Lula da Silva e Janja Lula da Silva il compito di testimoniare l’abbraccio tra il Sud del mondo e la voce di Francesco.

Papa Francesco PH WP
I monarchi d’Europa e i nuovi volti globali rispondono all’appello
La corona britannica si affida a il principe William, mentre Re Filippo e Regina Matilde del Belgio portano il loro rispetto in silenzio. Dall’Africa del Nord, il Marocco considera la presenza del giovane Moulay Hassan, figura emergente di una generazione che guarda al dialogo. La Taiwan democratica invia la sua delegazione come segnale politico e spirituale.
Xi Jinping e Vladimir Putin scelgono la distanza strategica
Xi Jinping rinuncia alla presenza fisica. Invia un messaggio formale, senza eccessi né emozione. Vladimir Putin, stretto tra accuse internazionali e isolamento, resta a Mosca. Invia il metropolita Antonij, figura religiosa che sottolinea l’ambiguità di un gesto a metà tra rispetto e calcolo.
L’Italia accompagna il Papa con devozione e presenza solenne
Giorgia Meloni guida la delegazione italiana con una compostezza che supera la retorica. Al suo fianco marciano ministri, presidenti di Camera e Senato, sindaci e figure della cultura. L’Italia si mostra compatta, consapevole dell’eredità simbolica e politica di Papa Francesco, il pontefice che ha parlato alla Nazione come a un amico in difficoltà.
Un funerale che diventa specchio del mondo e lente sul futuro
Mentre i canti si alzano sotto la cupola della Basilica, il tempo sembra sospendersi. Non si tratta solo di un addio liturgico. È un momento planetario, una coreografia di dolore e speranza, che riunisce potenze in conflitto, continenti lontani, religioni diverse. Il mondo si ferma non per protocollo, ma per ascoltare il silenzio che Papa Francesco lascia dietro di sé: una voce che ha creduto nella forza disarmata della compassione.
I capi di Stato e i monarchi non recitano ruoli istituzionali. Appaiono più piccoli davanti a una bara che pesa come il tempo. Un tempo in cui Francesco ha rinunciato alla pompa per preferire il gesto, ha scelto il dolore del popolo invece del trono, ha vissuto il pontificato come servizio e non come potere.
E ora che la sua voce tace, le domande non mancano.
Chi porterà avanti questa visione?
Chi saprà unire il coraggio alla tenerezza, la dottrina alla strada, la Chiesa al mondo reale?
Nessuno ha risposte immediate. Ma Papa Francesco ha lasciato un sentiero. Non facile, ma chiaro. Non breve, ma percorribile. E mentre le campane risuonano sopra Roma, nel cuore del mondo si accende un pensiero:
forse la vera rivoluzione non urla, ma ama. E resta.
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